La questione dell’esistenza di una vita oltre la morte ha affascinato l’umanità fin dai suoi albori, alimentando riflessioni profonde e incessanti interrogativi. Nel corso dei secoli, filosofi, teologi, scienziati e mistici hanno cercato di rispondere a questo enigma universale, proponendo teorie e interpretazioni che spaziano tra logica, fede e intuizione. Tra le molteplici voci che hanno affrontato questo tema, due figure mi hanno particolarmente colpita: Yogi Ramacharaka e Cesare Boni. Pur provenendo da epoche e contesti culturali differenti, entrambi hanno rivolto il loro sguardo al mistero della morte, interrogandosi sulla possibilità di una continuità dell’esistenza oltre i confini del piano fisico.
Yogi Ramacharaka, pseudonimo di William Walker Atkinson, è stato un autore e pensatore spirituale dell’inizio del XX secolo. Nei suoi insegnamenti, Ramacharaka ha affrontato il tema della vita dopo la morte attraverso il prisma dello yoga e della spiritualità orientale.
Secondo la sua visione, la vita non si limita alla dimensione fisica. Il corpo, infatti, è visto come un semplice strumento temporaneo utilizzato dall’anima nel suo percorso evolutivo. La morte, in questo contesto, non rappresenta una fine, ma una transizione: un passaggio da uno stato di esistenza a un altro. Ramacharaka sostiene che l’anima è eterna e immortale. Dopo la morte, essa si libera dal corpo fisico e continua il suo viaggio attraverso altri piani.
Uno degli aspetti centrali della sua filosofia è il concetto di reincarnazione. Ogni vita, secondo Ramacharaka, è un’opportunità per l’anima di crescere e imparare. Le esperienze – siano esse positive o negative – sono strumenti attraverso i quali l’anima accumula saggezza e consapevolezza. La legge del karma gioca un ruolo fondamentale in questo processo, poiché le azioni compiute in una vita influenzano le circostanze delle vite future. Tuttavia, il ciclo delle reincarnazioni non è visto come una condanna, ma come un’opportunità per evolversi e progredire verso uno stato di maggiore armonia con l’universo.
Per Ramacharaka, la morte è dunque un momento di liberazione, un’opportunità per l’anima di continuare il suo viaggio verso una consapevolezza superiore e, infine, verso l’unione con il divino.
Una figura più contemporanea che ha esplorato il tema della vita dopo la morte è Cesare Boni, tanatologo, ricercatore e maestro di meditazione. La sua visione della morte è profondamente influenzata dalle tradizioni spirituali e filosofiche come il buddhismo tibetano e l’ermetismo occidentale. Tuttavia, ciò che distingue Boni è la sua esperienza personale diretta: a soli 12 anni, durante un intervento chirurgico, visse un episodio di morte clinica, rimanendo senza vita per oltre tre ore. Durante questo periodo, ebbe la chiara percezione di essere fuori dal corpo, con una straordinaria lucidità mentale. Questo evento lasciò in lui una traccia indelebile, conferendogli la certezza che la vita è eterna, che la morte non rappresenta la fine, e che, soprattutto, il flusso di coscienza non si interrompe.
Nei suoi studi, Boni descrive il momento della morte come un’opportunità per l’anima di liberarsi dalle catene della materialità e ascendere a stati di esistenza più elevati. Tuttavia, se l’anima è ancora legata a desideri terreni o non ha completato il proprio processo evolutivo, essa potrebbe reincarnarsi o rimanere in piani intermedi, noti in molte tradizioni come “mondi sottili” o “bardo”.
Uno degli aspetti centrali delle riflessioni di Boni riguarda il processo del distacco dell’anima dal corpo. In molte tradizioni esoteriche, questo momento cruciale è descritto attraverso simboli come il “tunnel di luce” o incontri con figure spirituali. Boni sottolinea l’importanza della preparazione a questo passaggio, attraverso pratiche di meditazione, preghiera e consapevolezza.
In particolare, Boni approfondisce il concetto di bardo, una serie di stati intermedi descritti nel buddhismo tibetano. Dopo la morte, l’anima attraversa diverse fasi: inizialmente, la dissoluzione degli elementi fisici e mentali, seguita dall’incontro con la “Luce Primordiale”. Questo è il momento in cui, se l’individuo è preparato spiritualmente, può riconoscere la vera natura della realtà e raggiungere la liberazione. Qualora la luce non venga riconosciuta, l’anima prosegue il suo viaggio attraverso altre fasi, dove incontra proiezioni karmiche e visioni simboliche che, in ultima analisi, la condurranno verso una nuova incarnazione.
Sia Yogi Ramacharaka che Cesare Boni offrono visioni profonde e complementari sul tema della vita dopo la morte. Mentre Ramacharaka si concentra sull’evoluzione dell’anima attraverso il ciclo delle reincarnazioni, Boni esplora la transizione dell’anima attraverso il bardo, fornendo strumenti pratici per prepararsi a questo viaggio.
Entrambi, tuttavia, condividono una certezza fondamentale: la morte non è una fine, ma una trasformazione. È un momento di passaggio che offre all’anima l’opportunità di evolversi e avvicinarsi alla verità ultima. Le loro riflessioni ci invitano a considerare la vita come un percorso di crescita e il momento della morte come una tappa naturale di questo viaggio infinito.
Questa prospettiva è stata messa in musica anche da Franco Battiato, uno degli artisti più profondi e visionari della musica italiana, che ha sempre saputo unire la poesia alla melodia, creando opere che parlano direttamente all’anima. Torneremo Ancora, pubblicato nel 2019 come ultimo inedito del Maestro, rappresenta un vero e proprio testamento spirituale e artistico. Questo brano non è solo una canzone, ma un’esperienza intima e riflessiva che invita l’ascoltatore a interrogarsi sul senso dell’esistenza e sul ciclo eterno della vita, perché fino a quando non raggiungeremo la libertà assoluta, torneremo ancora e ancora, come viaggiatori instancabili. Ma ogni ritorno rappresenta un’opportunità per crescere, imparare e avvicinarsi a una condizione di armonia spirituale.
La melodia è semplice ma potente, come se fosse un mezzo per trascendere il mondo materiale, portando l’ascoltatore in un viaggio lontano. Il brano diventa, quindi, un messaggio universale che parla a ogni essere umano, indipendentemente dalla cultura o dalla religione ed è la dimostrazione che l’arte, quando autentica, può toccare corde profonde e offrire conforto e ispirazione.
Con Torneremo Ancora, Franco Battiato ci ha lasciato un dono prezioso, un’eredità spirituale che ci invita a guardare oltre il visibile e ad abbracciare il mistero della vita. Quest’opera non è soltanto una riflessione sul ciclo dell’esistenza, ma anche un monito a cercare la bellezza, l’armonia e la verità in ogni esperienza. È il saluto di un artista che ha sempre avuto il coraggio di esplorare l’ignoto, lasciandoci con una certezza: la musica e l’arte possono davvero portarci più vicini all’infinito.
Quadro raffigurato: Dettaglio dell’Ascesa all’Empireo di Hieronymus Bosch, 1503