Apprendimento, Cambiamento, Comprensione, Consapevolezza, Coraggio, Crescita, Emozioni, Ferite, Luce, Pace, Perdono, Relazione, Rispetto, Senso della vita, Sentimenti, Spiritualità, Valori, Verità

SONO HOMO SAPIENS SAPIENS

In questi giorni le cronache sono dominate dalle notizie riguardanti la riapertura di uno dei casi giudiziari più controversi degli ultimi decenni: l’omicidio di Chiara Poggi, a Garlasco. Dopo quasi 18 anni trascorsi fra assoluzioni, condanne definitive e archiviazioni, la Procura ha riaperto le indagini, valorizzando una traccia di DNA rilevata sotto le unghie della vittima. Il nuovo personaggio al centro della scena è Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, già coinvolto in passato nelle indagini ma, sino ad ora, ritenuto estraneo ai fatti. Oggi, la sua posizione sembra cambiata.

Di fronte a fatti tanto enormi – che vanno a toccare gli ambiti più delicati delle relazioni familiari, amichevoli e sentimentali – occorrerebbe fermarsi a riflettere, non solo sull’orrore di un omicidio brutale, ma su quello che, in realtà, rivela di noi, su come, anche nel mondo iper-tecnologico in cui viviamo, ci sia ancora spazio per l’oscurità, per l’impulso, per la reazione e, in definitiva, per la perdita di umanità.

Mi è allora sorta una domanda: noi, che apparteniamo alla specie dell’Homo sapiens sapiens, ci ricordiamo chi siamo davvero?

Sulla carta, infatti, siamo sapiens sapiens, cioè due volte “sapiens”: non solo capaci di sapere, quindi, ma capaci di sapere di sapere; non solo intelligenza, ma soprattutto coscienza.

Non a caso siamo la specie che ha creato l’arte, la filosofia, la scienza, che può guardare il cielo e chiedersi: “Chi sono?”; “Perché esisto?”; “Dove sto andando?”.

Eppure — a guardare bene — quanto spesso dimentichiamo tutto questo?

La nostra caratteristica principale – la nostra essenza, quella che ci differenzia da tutti gli altri esseri viventi – non sta nella tecnologia che abbiamo creato, ma nella consapevolezza di noi stessi e delle nostre azioni; possiamo fermarci, osservarci, interrogarci: “Questa scelta mi rende migliore o peggiore? È giusta? È vera? È utile agli altri, oltre che a me?”

Il rafforzativo sapiens indica proprio questa possibilità: scegliere la comprensione invece della reazione, la gentilezza invece del rancore, il silenzio invece del rumore.

Basta poco per rendersi conto che, spesso, agiamo in senso esattamente contrario: un commento sui social, uno sguardo in coda, una notizia in tv e l’istinto prende subito il sopravvento, il giudizio prevale, la rabbia si diffonde.

Abbiamo accesso a strumenti potentissimi, eppure spesso li usiamo senza la consapevolezza necessaria: ci chiudiamo nelle opinioni, ci allontaniamo dal bene comune, dimentichiamo che esiste anche l’altro e che ogni nostra scelta può essere fatta con presenza, con lucidità, con umanità.

Essere umani significa potersi osservare da dentro, guardare le proprie emozioni, ascoltare i propri pensieri, mettere in discussione i propri impulsi.

Solo così possiamo dire: “Non sono la mia rabbia e neppure la mia paura: posso scegliere altro”. Possiamo così trasformare una ferita in comprensione, un errore in crescita, un silenzio in ascolto.

Essere Homo sapiens sapiens è un privilegio, ma anche una responsabilità, perché non è solo un’etichetta scientifica: è un invito evolutivo. Ci ricorda che possiamo essere creature che non si limitano a sopravvivere, ma che scelgono come vivere. Che imparano. Che crescono. Che cercano verità e bellezza anche nelle pieghe più difficili dell’esistenza.

Quando dimentichiamo questa verità, diventiamo più duri, più reattivi, più disconnessi. Viviamo nella fretta, nel bisogno di prevalere, nella chiusura. E ogni volta che lo facciamo, ci allontaniamo da ciò che siamo venuti a fare.

Non siamo qui per dominare, ma per comprendere. Non per reagire, ma per scegliere. Non per restare fermi, ma per evolvere.

Siamo qui per imparare a scegliere il bene anche quando costa; a perdonare quando sarebbe più facile chiudere; a tacere quando vorremmo urlare; a vedere oltre la maschera, oltre il momento, oltre noi stessi.

Essere Homo sapiens sapiens non è solo un dato biologico: è una responsabilità spirituale; è la nostra possibilità — unica — di camminare in mezzo al caos e scegliere la pace. Di amare anche quando non veniamo capiti. Di dire, con semplicità e fermezza: “Io non sono qui per reagire. Sono qui per ricordarmi chi sono.”

E ogni volta che il mondo ci travolge, possiamo fermarci e ripeterci in silenzio: “Non sono solo un corpo che sente. Sono una coscienza che cresce. Sono qui per evolvere.”

Quadro raffigurato: Filosofo in meditazione di Rembrandt, 1632