Ho già parlato in un altro post di cos’è l’aura, di come questo campo energetico rifletta il nostro stato emotivo, mentale e spirituale. Oggi però voglio raccontare qualcosa di più pratico: come si vede. Non scrivo da principiante, ma da persona che da anni si muove dentro il mondo dell’energia. Per me l’aura non è un concetto astratto, è una realtà vivente, pulsante. Non è sempre visibile in modo netto, ma si percepisce. E quando si apre lo sguardo giusto, si può davvero cominciare a vederla.
Non parlo di effetti speciali, colori accecanti che si muovono intorno alle persone come nei film. La maggior parte delle volte si presenta come un alone sottile, una luce leggera che si estende poco oltre il corpo, una specie di vibrazione che pulsa, sfuma, cambia. All’inizio si nota appena, poi si comincia a distinguerla meglio, magari prima in bianco o trasparente e solo col tempo nei colori.
Io, quando pratico o quando insegno a qualcuno come cominciare, suggerisco sempre di partire dalle cose più semplici. Il primo passo è creare l’ambiente giusto: luce naturale o soffusa, niente luci artificiali troppo forti, sfondo neutro, una parete bianca va benissimo. La persona che osservi (o anche tu stesso) dovrebbe essere in uno stato tranquillo, presente ma rilassato. Lo sguardo va mantenuto morbido, non fisso. Come quando si guarda nel vuoto, o si osserva il cielo senza pensare. Non si deve cercare l’aura con sforzo, ma piuttosto lasciare che emerga da sola.
Spesso consiglio di iniziare con le mani. Basta allungarle davanti a sé, contro uno sfondo chiaro, e osservare lo spazio tra le dita. Dopo averle sfregate un po’ per attivare l’energia, si allontanano lentamente. Molte persone iniziano a vedere una sorta di alone, una pellicola evanescente che separa la pelle dallo spazio intorno. È il primo strato aurico, spesso incolore o lievemente perlaceo. Anche davanti allo specchio, con poca luce, si può esercitare la stessa cosa: guardare il proprio contorno, intorno alla testa o alle spalle e osservare senza aspettarsi nulla. Più lo sguardo è rilassato, più lo spazio energetico si mostra.
Un’altra cosa che funziona molto è osservare le persone con la visione periferica. Invece di fissarle direttamente, si può “guardare ai lati”, cogliere il campo che si estende un po’ oltre. È qui che spesso l’aura si fa notare: come un leggero sfarfallio, un cambiamento nella densità dell’aria, una variazione luminosa che non ha a che fare con la luce fisica, ma con la vibrazione.
Con il tempo, si possono iniziare a percepire anche i colori. E ognuno ha un significato: il blu calma e profondità, il giallo mente attiva e gioia, il verde guarigione, il rosa amore puro e così via. Ma più che imparare le etichette, è importante ascoltare quello che quel colore ti fa sentire, perché l’aura comunica anche così: emotivamente, intuitivamente.
Poi, ci sono quelli che non hanno bisogno di esercizi. Mio figlio Ettore, per esempio, ha una sensibilità naturale che a volte mi spiazza. Un giorno mi ha detto, con assoluta serenità, che vede l’aura delle sue maestre. Lo dice con una lucidità che non sembra proprio frutto della fantasia. E io, conoscendo bene certe energie, sento che dice il vero. Ettore ha una connessione pulita con ciò che molti adulti non sentono più: percepisce senza filtri, senza bisogno di “capire”. Vede.
E questa cosa mi ricorda che anche noi possiamo farlo. Magari da piccoli lo facevamo senza accorgercene. Poi l’abbiamo perso di vista, sommersi dal rumore, dalla fretta, dal bisogno di spiegare tutto. Ma quella sensibilità non si spegne: si può riattivare. Serve solo tempo, ascolto, pazienza e una certa fiducia nel non visibile.
Quello che posso dire, dalla mia esperienza, è che l’aura si comincia a vedere davvero quando smetti di volerla afferrare e inizi a lasciarla apparire. Quando non la cerchi con l’occhio, ma con il cuore. È un vedere che parte da dentro. E ogni volta che accade, anche solo per un istante, è come se il mondo si aprisse un po’ di più. Basta volerci entrare.
Quadro raffigurato: Trasfigurazione di Raffaello, 1518-1520