Amore, Anima, Cambiamento, Comprensione, Consapevolezza, Coppia, Crescita, Diversità, Empatia, Felicità, Giudizio, Pace, Perdono, Rispetto, Senso della vita, Sentimenti

CUM-PREHENDO: AFFERRO INSIEME COSE CHE STANNO DINNANZI A ME

Cosa vuol dire vivere? 

Il verbo vivere significa innanzitutto essere in vita, ma assume un senso pieno e profondo quando si distingue da sopravvivere, che, in realtà, sarebbe più corretto definire sotto-vivere, vale a dire rimanere in vita privati della gioia di vedere soddisfatti i propri bisogni e le proprie aspirazioni. 

Vivere, al contrario di sopravvivere, significa dunque poter sviluppare le proprie qualità e attitudini. 

Vivere è il mestiere che voglio insegnarti, diceva l’educatore al suo allievo nell’Emilio di Rosseau. 

La massima risulta essere forse un po’ eccessiva perché – oltre a non esistere delle vere e proprie ricette di vita – si può solo aiutare a imparare a vivere. 

Vivere s’impara attraverso l’esperienza, con l’aiuto dei genitori, degli insegnanti, dei libri, dei problemi della vita dell’individuo, del cittadino e dell’essere umano. Vivere è un’avventura che comporta incertezze, errori e momenti di crisi, che non possiamo preventivare né eliminare, perché inseparabili proprio dal vivere. 

Ma, soprattutto, vivere ci mette continuamente a confronto con l’altro che, in tutte le nostre interazioni, abbiamo bisogno di comprendere e, a nostra volta, da lui stesso essere compresi.

Nella società attuale, il male delle incomprensioni regna nelle relazioni tra umani, rodendone la vita e causando sofferenze e dispiaceri nelle famiglie, fra amici, nell’ambiente di lavoro, fra popoli, fra religioni; insomma, è l’intero pianeta a soffrirne. E nonostante la comprensione reciproca sia vitale per la pace interiore di ognuno e, più in generale, fra esseri umani, essa non viene insegnata in nessun luogo. 

L’educazione alla comprensione è totalmente assente dai programmi scolastici e questo è un grande peccato, perché saper vivere e, quindi, saper anche comprendere, è un problema di ciascun individuo e della collettività. Bisognerebbe insegnare la comprensione a partire dalla scuola primaria e continuare fino all’università, perché tutte le potenzialità della comprensione si trovano in ognuno di noi ma sono sottosviluppate. 

Ed è l’educazione stessa – se solo trovasse delle forze rigeneratrici – a poter apportare il suo contributo specifico alla rinascita sociale e umana. Gli insegnanti dovrebbero cioè attuare e insegnare un’etica del dialogo fra allievi che litigano e dialogo fra insegnanti e insegnanti. 

In quest’ottica, il primo problema diviene focalizzare cosa significa comprendere dal punto di vista umano; tale attività richiede apertura verso l’altro, empatia e simpatia. La comprensione rifiuta il rifiuto ed esclude l’esclusione; anzi: riconosce nell’altro un individuo simile a sé, per le sue qualità umane e differente da sé per le sue particolarità soggettive. Richiede di apprendere il contesto, l’essere, l’ambiente, le motivazioni e tutto quello che gli altri sentono e vivono. 

Ci chiede, inoltre, di comprendere anche noi stessi, con le nostre carenze e insufficienze. Ci chiede di dialogare con l’altro, di superare l’odio e il disprezzo. Ci chiede di resistere alla vendetta e alla punizione, così radicate nella nostra mentalità, e di perdonare. Ma, soprattutto, ci chiede di non comprendere tutto, poiché c’è sempre un residuo inesplicabile. 

Alla luce di queste riflessioni, chi insegna la comprensione ai propri allievi, dovrebbe di ritorno ricevere comprensione, fine e mezzo della comunicazione umana

Quadro raffigurato: La danza di Henry Matisse, 1909