Credo che la storia di Carlo Acutis abbia colpito tutti, fedeli e non.
Un altro miracolo compiuto per sua intercessione è stato riconosciuto da papa Francesco e, pertanto, egli sarà proclamato santo, passando così dal culto locale, che è proprio dello status di beato, al culto universale che caratterizza i santi canonizzati.
Personalmente, sono rimasta molto affascinata da questo giovane milanese, privato della vita terrena a soli 15 anni, approdato poco dopo al cimitero di Assisi, collocato nel 2019 con i suoi resti mortali nel Santuario della Spogliazione che, bruciando velocemente tutte le tappe, ha preso la rincorsa verso il Paradiso.
Ma ciò che mi ha colpita ancora di più, è stata la sua forte consapevolezza di ciò che era e di ciò che desiderava fare nella sua vita, nonostante fosse solo un’adolescente.
Solitamente, un quindicenne si trova nel bel mezzo di una crisi perché non è più un bambino ma neppure un adulto. Questo periodo di transizione, per qualsiasi adolescente, risulta complesso, confuso e conflittuale. Il futuro è dominato da incertezza, instabilità e precarietà, che diventano anche esistenziali: il giovane ha paura di sbagliare e non sa che direzione prendere.
Spesso, una delle cause che portano gli adolescenti sulla cattiva strada è il contrasto coi genitori, i quali tendono a considerare i figli ancora dei bambini e, perciò, sono visti dai ragazzi come un ostacolo alla loro indipendenza. La maggior parte dei genitori, inoltre, non riesce a comunicare col proprio figlio adolescente che, a sua volta, si sente privo di punti di riferimento, incompreso, non accolto e non accettato.
Ancora più sovente, un ragazzo o una ragazza di quest’età non si piace fisicamente, non si conosce né si riconosce e crede che la sua presenza sulla terra sia inutile.
Tutto ciò per Carlo Acutis sembra non essere stato un peso! La sua unicità è stata pienamente accolta dai suoi genitori, che lo hanno aiutato ad esprimere le sue potenzialità, prime fra tutte la sua profonda spiritualità e quell’intelligenza pratica che lo ha portato ad amare l’informatica e ad avere una percezione chiara di sé stesso nel mondo e del suo progetto di vita.
E il suo era un disegno pieno speranza, diretto non solo a compiere delle scelte, ma anche ad attuarle e annetterci un significato per la propria esistenza.
Tutto questo è stato reso possibile anche dai genitori di Carlo, che hanno saputo ascoltare il figlio, ne hanno interpretato i bisogni, compreso e valorizzato le qualità, lasciandolo libero di realizzarsi e di essere un individuo unico e pieno di significati.
Si sono avvicinati così al suo piccolo mondo, entrandovi in punta di piedi, con curiosità e rispetto. Non lo hanno guidato, ma si sono mostrati dei grandi alleati nelle sue scelte e lo hanno sostenuto. E Carlo era felice, felice di essere diventato quello che già era: un pezzo di cielo!
Quadro raffigurato: Icaro di Henry Matisse, 1947