Ma a voi interessa veramente ascoltare? Oppure quello che vi importa è intervenire per tentare di modificare la confusione che vi portate dentro? Come ascoltate? Ascoltate attraverso le vostre proiezioni, le vostre ambizioni, i desideri, le paure, le angosce? Ascoltate solo quello che volete sentire, solo quello che vi soddisfa o che vi lusinga? Ascoltate solo quello che vi conforta e che attenua momentaneamente la vostra sofferenza? Se ascoltate attraverso lo schermo dei vostri desideri è ovvio che state ascoltando solo la vostra voce: state ascoltando solo i vostri desideri. J. Krishnamurti
L’uomo è dotato di capacità di ascolto naturali: l’udito è il senso preposto a captare i suoni che provengono dall’esterno ed è vitale per la sopravvivenza umana.
Plutarco ricorda che Teofrasto lo ritiene il più ricettivo di tutti: né la vista, né il gusto, né il tatto provocano uno stato di eccitamento, subbuglio e terrore tanto forte quanto quello di cui l’anima è preda quando dei rumori, dei colpi o dei suoni giungono al nostro orecchio. Esso però è ancora più razionale che ricettivo.
Inoltre, nel DNA è impressa una componente ancestrale che s’interessa a ciò che gli altri dicono, per comprendere se una persona sia o no pericolosa o se sia credibile, retaggio dell’epoca in cui tali aspetti erano determinanti per i cacciatori o i raccoglitori che eravamo.
Non a caso le origini dell’ascolto risalgono alla fase fetale: a partire dalla ventesima settimana di gestazione, il nascituro inizia a riconoscere le caratteristiche musicali o prosodiche della voce materna, trasmessa attraverso le pareti addominali. A pochi giorni di vita, un neonato presenta una sensibilità particolare al ritmo, all’intonazione e alle variazioni di frequenza e ai diversi suoni della lingua parlata. Sono queste le lontane origini dell’ascolto che, man mano, trasformerà il rapporto con l’adulto, gettando le fondamenta di uno dei pilastri della vita sociale e affettiva.
Quando una persona parla, invia moltissimi segnali che possono riguardare emozioni e sentimenti fondamentali quali l’amore, l’odio, l’indifferenza, la paura, il disgusto, l’amicizia. Per una comunicazione davvero fruttuosa, sarebbe dunque utile saperli cogliere e riconoscerli tutti.
Sovente, però, l’interlocutore non è abituato a percepire tali segnali ed è viceversa portato a distrarsi non appena si accorge che il discorso non tocca i suoi interessi vitali.
Questo fenomeno è inoltre amplificato dalla frenesia dei tempi moderni e dalla fretta, che hanno ridotto la capacità di ascolto ai livelli minimi nella storia della civiltà occidentale.
Il rumore, costante e martellante, dei dispositivi e degli oggetti che popolano la quotidianità, ha reso gli individui sordi, mentre la vista, particolarmente sviluppata per la necessità di apparire, distrae sempre di più.
I social network, poi, hanno senza dubbio moltiplicato le opportunità d’interazione, ma hanno anche penalizzato la capacità di focalizzarsi su un argomento e di approfondirlo. Così, mentre si celebra una ipotetica capacità di essere multitasking, credendosi abili nel gestire innumerevoli informazioni e raccogliendo solo quelle di vero interesse, in realtà si disperdono innumerevoli contenuti degni di nota e di considerazione, soprattutto nelle conversazioni quotidiane.
Emerge inoltre la diffusa tendenza a concentrarsi sulla risposta da dare o la presunzione di sapere già cosa il nostro interlocutore intenda dire; entrambe queste attitudini ostacolano l’ascolto efficace.
In definitiva, si vive calati in un mondo che va troppo veloce e non concede il lusso di fermarsi ad ascoltare.
Eppure, senza ascolto si muore.
Forse, perchè l’ascolto è un processo olistico, che considera l’uomo nella sua totalità, composta non solo dalla diade corpo e mente, ma anche dalle emozioni, dallo spirito e dall’anima. Occorre guardare negli occhi una persona che ci parla dal vivo, andare oltre le parole e coglierne le sfumature, il tono di voce, lo sguardo e i movimenti del corpo.
Oggi, in un mondo tanto materialistico, donare il proprio ascolto è fra i regali più impegnativi che si possano fare. Ascoltare a fondo richiede tempo e il tempo umano è tanto limitato quanto prezioso.
Per questo, dedicare a qualcuno un momento di vita denso di ascolto di qualità e di passione è molto importante.
Possediamo una vita interiore che ci caratterizza, perché possediamo un’individualità, un insieme di qualità specifiche e condizioni proprie che ci rendono diversi dagli altri, per estrazione culturale, professionale, per la nostra vita personale, per i nostri valori e stati d’animo, per i nostri pensieri, per le nostre convinzioni e per i nostri sogni.
Ognuno di noi è l’esemplare primo e ultimo di sé stesso non paragonabile a nessun altro; un individuo unico e pieno di significati. Ascoltare, vuol dire avvicinarsi a quel piccolo mondo. Entrare in punta di piedi con curiosità e rispetto e mettere in contatto i due mondi: il nostro e quello dell’interlocutore.
L’ascolto deve sempre considerare la possibilità che l’altra persona abbia una cultura diversa dalla nostra: per questo motivo è necessario ascoltare senza partire da preconcetti, da pregiudizi.
E questo significa fare il vuoto dentro di noi, fare spazio per accogliere l’altro e offrirgli ospitalità. Non si ascoltano due persone allo stesso modo, perché non ci sono due persone uguali. Due persone non ascoltano allo stesso modo, perché non ci sono due persone che hanno lo stesso mondo interiore, la stessa sensibilità, la stessa capacità di accoglienza. Voler capire è interrogare la propria intenzionalità, è far tacere dentro di sé le interferenze di sentimenti dannosi quali la presunzione, la gelosia, il bisogno di difesa, il desiderio di prevalere o di provocare. È riconoscere che ciò che ascolto forse è migliore di ciò che penso, anche se diverso. Non basta ascoltare, ma è necessario sforzarsi con tutte le capacità a comprendere ciò che effettivamente l’altro vuole comunicare e fargli sapere che è stato compreso. È poi difficile sentire sincero rispetto per un altro individuo, specie se non condivide i nostri stessi valori e non possiede quelle qualità che noi maggiormente ammiriamo negli altri.
Quando vi è rispetto e stima da parte di chi ascolta, la persona, specie quella in difficoltà, è sollecitata a comunicare serenamente, mantenendo la propria identità e non avendo paura di farsi conoscere. In questo clima, le pressioni conformistiche sono ridotte al minimo. Considerare le differenze e i relativi conflitti come dei punti di forza, quindi, significa rafforzare la relazione, migliorare la comunicazione e la comprensione reciproca. Bisogna allora imparare ad ascoltare anche persone che a pelle non ci aggradano, anche se vogliamo limitare tempi e spazi di questo contatto: in questo, i meccanismi di ascolto attivo avanzato diventano una risorsa professionale fondamentale, e una risorsa di vita.
Quadro raffigurato: La sala d’ascolto di Renè Magritte, 1952