Oggi Ettore ha chiuso un ciclo. L’ho visto uscire da scuola, con quel passo un po’ più sicuro del solito e un sorriso che nascondeva una grande emozione. Ha finito la quinta elementare. Un traguardo che, visto da fuori, può sembrare piccolo, ma che dentro di me ha fatto rumore. È un passaggio silenzioso ma profondo, come certe svolte della vita che capisci solo dopo.
L’ho guardato abbracciare la sua maestra, con un’ingenuità che mi ha commosso. E lì, in quel gesto semplice e spontaneo, mi è tornato alla mente il discorso che Steve Jobs fece a Stanford nel 2005. È uno di quei discorsi che si ascoltano a vent’anni, si capiscono a trenta, e si sentono veri solo quando si diventa genitori. Jobs disse: “Non potete unire i puntini guardando avanti; potete farlo solo guardandovi indietro. Quindi dovete fidarvi che i puntini si uniranno in qualche modo nel vostro futuro.”
È una frase che ho sempre trovato potente, ma oggi, mentre guardavo Ettore salutare la sua maestra in lacrime, ha preso un significato nuovo. Perché quei “puntini” sono persone. Sono insegnanti, amici, incontri. Sono le piccole scelte quotidiane, i gesti di chi ci accompagna nel silenzio.
La maestra di Ettore è uno di quei puntini. Uno che adesso lui non può ancora riconoscere come tale. Ma un giorno, magari fra vent’anni, lo vedrà chiaramente. Si ricorderà come lo faceva sentire visto, ascoltato, capace. E capirà che è anche grazie a lei se oggi è diventato chi è. Jobs parlava anche di fiducia. Diceva che, pur non sapendo come ogni esperienza si sarebbe collegata alle altre, lui scelse di fidarsi del fatto che prima o poi tutto avrebbe avuto un senso.
È una lezione preziosa. Perché troppo spesso cerchiamo di avere il controllo, di pianificare ogni cosa, di trovare subito una logica. Ma nella crescita – e non solo quella dei bambini – ci vuole anche il coraggio di lasciar fare al tempo. Di camminare anche quando non si vede ancora dove porta quella direzione. La scuola elementare è questo: un lungo tratto di strada costruito insieme.
Gli insegnanti non sono solo guide: sono architetti silenziosi che, passo dopo passo, aiutano i bambini a mettere le prime pietre della loro autonomia. Disegnano i percorsi dei nostri figli e non saranno lì quando quel cammino diventerà più ampio o più veloce, ma il loro tratto resterà.
Ettore oggi lascia una maestra, ma non lascia quello che ha imparato da lei. Lo porterà sempre con sé, forse senza accorgersene. E io, da genitore, provo una gratitudine che non so bene come esprimere, perché so che nella sua vita questo sarà uno dei puntini. Uno che, guardandosi indietro, riconoscerà con chiarezza. E forse, se un giorno riascolterà quelle parole di Steve Jobs, capirà davvero cosa volevano dire.
E allora, grazie a chi insegna con passione, a chi crede nei bambini prima ancora che ci credano loro o i loro genitori, a chi sceglie ogni giorno di esserci, anche se non sempre verrà ricordato, ma sapendo che i puntini si uniranno e che, anche se non lo vedremo subito, ogni passo lascia un’impronta. E certe impronte restano per sempre..
Una domenica pomeriggio all’isola della Grande-Jatte di Georges Seurat, 1884 – 1886