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IO SONO CON TE, MA NON SONO TE

Quante volte, con le migliori intenzioni, cerchiamo di aiutare qualcuno a cui teniamo? Diamo consigli, offriamo soluzioni o suggeriamo strade pensando di fare del bene. Tuttavia la verità, a volte difficile da accettare, è che non sempre il nostro aiuto arriva come pensavamo. Anzi, può sembrare invadente, sordo, inutile. Succede spesso tra genitori e figli, ma anche tra amici, colleghi, partner.

Quando vediamo qualcuno soffrire o inciampare, scatta in noi il bisogno di intervenire. Di aggiustare o di dare una direzione. Tuttavia, i consigli calati dall’alto non servono quasi mai. Perché l’altro non ha bisogno di sapere cosa faremmo noi al suo posto. Ha bisogno di essere ascoltato nel suo posto.

Ci dimentichiamo che aiutare davvero significa fermarsi, ascoltare, esserci senza riempire il silenzio. A volte basta una mano sulla spalla o una frase semplice: “Ti capisco. E se vuoi, sono qui.” C’è un confine sottile tra il supporto e il controllo. Tra il voler essere d’aiuto e il bisogno (inconsapevole) di sentirsi necessari.

Ma l’amore, l’amicizia o l’affetto non sono guide forzate, sono compagnie nel buio. Non vogliono indicare la strada, voglioni dire: “Io sono con te, ma non sono te.” Nel tempo sto imparando – e spesso sbagliando – che non tutti hanno bisogno di una soluzione. A volte, hanno solo bisogno di respirare il proprio dolore senza sentirsi giudicati o corretti. Eppure, è importante dirlo: non c’è invadenza nelle intenzioni.

Quando cerchiamo di aiutare, lo facciamo perché amiamo e, nel mio caso, anche per un forte senso di responsabilità e protezione. Perché ci preoccupiamo, perché vorremmo aprire le nostre ali per contenere il dolore, o dire anche solo una parola per alleggerire il peso che l’altro porta. E forse sbagliamo il modo, il tono, il momento, ma non il cuore. Quello è sempre sincero. Non ci sono maschere.

Essere genitori, amici, persone che amano è un equilibrio fragile tra vicinanza e rispetto. Ma se partiamo dall’ascolto e dall’umiltà, allora sì, possiamo diventare davvero una presenza che sostiene. Non che corregge, ma che accompagna. Allora restiamo in ascolto. Non tutto ciò che ha bisogno parla forte.

Quadro raffigurato: Due uomini contemplano la luna di Caspar David Friedrich, 1819-1820